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Albert Schweitzer - Orizzonte degli Introvabili - Oggetti unici, particolari e....tanto altro

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"ALBERT SCHWEITZER"

Acuto osservatore della crisi della società contemporanea, Albert Schweitzer, noto medico e teologo, insignito del Premio Nobel per la pace per la sua attività di chirurgo missionario nell’ospedale Lambaréné in Gabon, consacra la propria esistenza ai poveri e ai sofferenti, includendo in tale encomiabile dedizione una notevole attenzione anche ai diritti degli animali, non ancora presi minimamente in considerazione nel periodo in cui vive.
Il suo obiettivo di ricerca non si limita alla mera analisi della miseria spirituale in cui versa la sua epoca, ma si concentra particolarmente sulla possibilità di scorgere una soluzione in grado di contrastare il profondo declino morale della società contemporanea in cui l’uomo sembra aver smarrito ogni capacità riflessiva e creativa.
Secondo Schweitzer, colui che oggi denominiamo "homo oeconomicus", la cui mente è principalmente occupata dal lavoro e dall’aumento della produzione, predilige, nei pochi ritagli di tempo a sua disposizione, letture poco impegnative, luoghi di svago e dialoghi superficiali che non prevedono alcuna fatica mentale. Così, infatti, lo studioso commenta la crescita esponenziale della banalità che percepiamo quotidianamente: «Quando lo spirito della superficialità è penetrato nelle istituzioni che dovrebbero sorreggere la vita spirituale, queste agiscono sulla società e la portano a uno stato di vuoto mentale.»
Ma la sfiducia e il pessimismo non prendono il sopravvento nel suo pensiero e le riflessioni che ha donato a tutti coloro pronti ad ascoltare ed approfondire la sua voce, non invitano a ripudiare in toto ogni forma di progresso che sia riuscito ad agevolare la nostra vita, ma ad affiancarlo ad un rinnovamento spirituale che affermi il rispetto e la compassione per ogni forma di vita.
Nato il 14 gennaio del 1875 a Kaysersberg, una piccola cittadina dell’Alsazia, da bambino è afflitto da problemi di apprendimento e per tale ragione impara a leggere e a scrivere in ritardo rispetto ai suoi coetanei. In compenso manifesta un particolare talento per la musica imparando a suonare il clavicembalo ad appena cinque anni. Si perfezionerà successivamente nello studio dell’organo.
Dopo il servizio militare, si laurea in Filosofia e Teologia a venticinque anni.
Indifferente al pensiero dominante che scaturisce dalle dottrine filosofiche di Kant, Schweitzer presenta una tesi filosofica sulla visione religiosa del suddetto filosofo, ancora oggi oggetto di scandalo.
Nel 1905, all’età di 30 anni, avverte il prepotente impulso di aiutare gli indigenti e, dopo essere venuto a conoscenza di una società missionaria parigina che si occupa di missioni in Gabon, priva di personale medico altamente qualificato, decide di iscriversi in Medicina. Consegue la specializzazione in malattie tropicali a trentotto anni. Nonostante già occupi una posizione di rilievo come direttore del seminario di St. Thomas e percepisca un ottimo stipendio, il desiderio di recarsi in Africa ad aiutare le persone sofferenti lo induce ad abbandonare tutto per cercare di migliorare le condizioni di salute di quegli esseri umani depredati e dimenticati dal mondo.
Già da studente si era occupato di senzatetto ed ex carcerati, lavorando come volontario presso un’organizzazione umanitaria. Ma con il passare degli anni, la sua estrema sensibilità lo spinge a cambiare vita per prestare soccorso in Africa, ben consapevole dei rischi che avrebbe corso.
Al male che i bianchi avevano recato ai paesi africani vuole porre rimedio, almeno in parte. «Colui che è stato risparmiato dal dolore deve sentirsi chiamato a contribuire a lenire il dolore degli altri. Tutti dobbiamo portare il fardello di sofferenze che pesa sul mondo.»
Insieme alla moglie Helénè Breslau, un’infermiera sposata nel 1912, parte per l’Africa e si stabilisce a Lambarènè alla Missione N’Gomo, fondata dal medico e missionario americano Nassau.
I coniugi si stabiliscono in una modesta capanna sulla collina Andende e cominciano immediatamente a lavorare inizialmente in un vecchio pollaio, che usano come ambulatorio, e poi in una baracca di lamiera con un angolo per poter eseguire le operazioni e un piccolo spazio dove poter riporre i medicinali.
Intorno alla baracca vengono costruite alcune piccole capanne di bambù da adibire al ricovero degli ammalati.
Moltissime sono le persone malate che si recano da Albert Schweitzer per essere curate e ciò che l’uomo apprende dagli indigeni con cui viene in contatto è la loro necessità di conoscere subito la verità sul loro male e la serena accettazione della morte, sconosciuta a noi occidentali.
In breve tempo il suo nome diventa famoso in tutto il mondo e la rivista "Time" lo definisce "il più grande uomo del mondo."
Fa spesso ritorno nella sua terra e si oppone in modo plateale al nazismo, sfidandone apertamente l’ideologia con un discorso molto acceso il 22 marzo 1932 a Francoforte.
Dopo quella sua dichiarazione decide di non far più ritorno in Germania.
Timido e introverso, mostra apertamente di non amare la sua notorietà e confessa ad un noto corrispondente svizzero il suo disagio per la fama che lo ha investito con le seguenti parole: «Non amo la notorietà e cerco di evitare tutto ciò che attira su di me l’attenzione.»
Nel 1952 Schweitzer riceve il premio Nobel per la pace, ma ritirerà il premio l’anno seguente.
Durante la solenne cerimonia in suo onore, lancia un appello volto ad indirizzare il mondo alla pace e alla solidarietà. Usa poi il denaro del premio per poter terminare i lavori della costruzione del "Village de la Lumière" ("Il Villaggio della Luce") per i lebbrosi, inaugurato nel 1954.
La grandezza di un uomo come Schweitzer, che dedica la sua vita agli ultimi di questa terra, animali compresi, e rispetta gli usi e costumi di popoli molto differenti da noi occidentali, è un esempio encomiabile di tolleranza e amore verso il prossimo ancora oggi attuale, visti gli scontri di civiltà fomentati da uomini piccoli e senza scrupoli che mirano solamente a dividere l’umanità per poterla meglio assoggettare.
La morte della moglie, avvenuta nel 1957, lo segna profondamente e anche se proseguirà instancabile il suo lavoro fino agli ultimi istanti della sua vita, s’intuisce il tormento di un uomo profondamente innamorato che non aspetta altro di vedere il proprio corpo sepolto accanto a quello della donna che lo aveva seguito in quel percorso straordinario intrapreso.
Albert Schweitzer si spegnerà silenziosamente nella sua capanna la notte del quattro settembre del 1965.

 
 
 
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