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“CENTENARIO DI ROMA CAPITALE D’ITALIA”


Caduto Napoleone III°, scoppiarono in tutta Italia movimenti popolari per indurre il governo ad un'azione immediata su Roma.
Il 10 Settembre 1870 era assegnata a Pio IX°, dal Conte Ponza di San Martino un messaggio di Vittorio Emanuele con cui lo supplicava “con affetto di figlio e fede di cattolico” di accogliere pacificamente le truppe italiane e di rinunciare al potere temporale.
Via via che il Pontefice scorreva il messaggio, il suo volto si faceva prima rosso, poi paonazzo d’ira.
E alla fine sbottò: “siete tutti un sacco di vipere, sepolcri imbiancati, mancatori di parola!”; ma poi aggiunse: “Vi assicuro che a Roma non entrerete mai”.
Ordinava , quindi, al generale Kanzler, che comandava l’esercito papalino, di ritirare le truppe entro le mura e di limitarsi ad un simulacro di resistenza.
Il corpo di spedizione italiano aveva attraversato il confine il giorno stesso in cui il Conte Ponza aveva recapitato in Vaticano il messaggio del Re.
Lo comandava il generale Raffaele Cadorna, un cattolico di stretta osservanza, combattuto per l’alto incarico e lo sgomento per l’offesa alla Chiesa.
All’alba del 20 Settembre 1870, cominciò l’attacco.
Alle nove i cannoni avevano già aperto la famosa “breccia”, ma in quel momento i plenipotenziari di Kanzler erano al quartiere generale di Cadorna per trattare la resa.
La presa di Roma era costata quarantanove morti e centoquarantuno feriti da parte italiana; diciannove morti e quarantanove feriti da parte pontificia.
Dopo la cocente sconfitta Pio IX° si ritirava in volontaria reclusione nei Palazzi Vaticani.
Nell’ottobre avvennero luogo i plebisciti popolari, che all’unanimità proclamarono l’annessione di Roma all’Italia.
L’anno successivo il Governo e la Corte si trasferirono nella nuova capitale del Regno.

 
 
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